Ci sono luoghi lontani dalla realtà, che la maggior parte di noi non immagina.
Luoghi- non luoghi, fuori dal tempo e dallo spazio, chiusi da porte e oblò di vetro, e persiane, e veneziane che lasciano intravedere cose e persone e profumi ed emozioni indimenticabili.
Sono luoghi, questi, in cui tanti angeli lasciano le loro ali a metà del loro percorso e indossano camici blu, si legano i capelli e si lasciano crescere un pò di barba, o se li tagliano corti e li tingono di rosso o di castano scuro, si truccano gli occhi, o scelgono il carrè, e assumono sembianze umane, e decidono di di diventare angeli sulla terra.
E ci sono altri angeli, molto più piccoli, che hanno deciso di donare gioia a tante vite e di farsi conoscere un pò prima degli altri, di vedere la luce e sentire i profumi e ascoltare la musica con netto anticipo rispetto agli standard, ai nostri standard.
E poi ci siamo noi, che andiamo avanti e indietro, che abbiamo paura, che ascoltiamo il nostro cuore battere forte, dietro quelle porte chiuse, dietro quegli oblò di plexiglass un pò graffiati, un pò vissuti, che ci lasciano intravedere ciò che abbiamo di più prezioso al mondo.
In queste città invisibili, si sorride, si piange, si prega e sì, bisogna ammetterlo, il Signore viene a bussare nella mente e nel cuore anche dei più duri, dei più lontani, dei più critici.
Ci si guarda negli occhi e si sa già, si capisce quello che pensa e prova il tuo vicino, la donna che ti siede accanto e parla con l'oblò, e accarezza una mano piccola come quella che stringi tu: già hai vissuto le sue emozioni, quello che ha provato, e quello che prova.
Nessuno però sa quello che proverà, nessuno lì sa come finisce la storia, nessuno ha già letto il finale della sua favola.
E gli angeli vestiti di blu, ogni giorno ti raccontano un pezzo della storia, ti permettono di conoscere il piccolo angelo che dimora nella culla di vetro e che ti cerca la mano: ti raccontano di quondo fa la pipì, ti raccontano di quando la notte piange, di quando ha bisogno del tuo calore e tu non ci sei... Ma ci sono loro, per fortuna ci sono loro a donargli amore, ad accarezzarlo dolcemente, a dargli da mangiare, a cambiargli i pannolini, a sentire il suo profumo aprendo l'incubatrice.
Ti parlano di tuo figlio, il bambino che hai portato dentro di te, quello che sogni di avere tra le tue braccia, sul tuo seno, di vedere stretto e sicuro tra le braccia di suo padre.
Bisognerebbe provare certe emozioni, bisognerebbe trovarsi in certe situazioni, prima di pensare di conoscerle.
Sono le città invisibili, le città in cui comprendi che non è più importante il colore della pelle, la religione; non ha più senso parlare di preoccupazioni, di stress, di turbamenti; non ha più nessun valore preoccuparsi di quello che finora è stato importante e che adesso non lo è più.
Tutto quello che si cerca, si spera e si trova è amore. E' tutto racchiuso in un'unica parola. Nient'altro.
vicky&l'entropia
sabato 17 settembre 2011
sabato 27 agosto 2011
at-tese
La vita scorre nella vita. un flusso unico tra un corpo e l'altro. il battito del cuore all'unisono segna lo scorrere del tempo. di un tempo relativamente breve ma importante e infinito nella mente. è lì e cresce dentro di te. un amore che non puoi descrivere. un amore di cui hai paura perchè non vuoi sottrarne ad altri. ma cresce. cresce con lui ogni secondo, ogni movimento, ogni calcio. e vorresti ascoltare il suono della sua voce, vorresti accarezzare le sue mani. vorresti tenerlo in braccio, e guardarlo cullato tra le braccia di suo padre.
e poi accade. tutto così rapidamente. tutto così brutalmente che quasi non te ne rendi conto. quasi speri che sia solo un incubo dal quale ti risveglierai prima o poi. si ti risveglierai. e invece no. è tutto lì. e adesso è il sangue che scorre fuori e dentro di te. e qualcuno porta via il tuo piccolo tesoro dal tuo grambo e lo mette in salvo prima che sia troppo tardi.
e finalmente riesce a piangere, finalmente grida disperato che vuole lottare che la vita è dentro di lui, che ha bisogno di te. ma tu non sei lì. non puoi abbracciarlo. non puoi baciarlo e sussurrargli che andrà tutto bene, che ci sarai, che può stare tranquillo.
da quel momento fino al momento in cui sarà in grado di farcela con le sue forze, lui non è più tuo. non ti appartiene più, sangue del tuo sangue.
è affidato a una macchina, che segna i battiti del suo cuore , che ossigena i suoi polmoni, che lo nutre.
e tu sei lì impotente, immobile, a guardare la vita che scorre, a sperare di poterlo abbracciare, accarezzare, rassicurare nei suoi pianti notturni. sperare che possa stare al tuo seno e godere della tua vicinanza, del profumo e del sapore del tuo latte.
devi lottare amore mio. devi lottare per te, per me, per tuo padre, che si sta dimostrando la roccia alla quale aggrapparmi, ma che ha bisogno ora più che mai di te. lotta amore. lotta contro tutti. sei un leone. devi farlo. devi farcela.
e poi accade. tutto così rapidamente. tutto così brutalmente che quasi non te ne rendi conto. quasi speri che sia solo un incubo dal quale ti risveglierai prima o poi. si ti risveglierai. e invece no. è tutto lì. e adesso è il sangue che scorre fuori e dentro di te. e qualcuno porta via il tuo piccolo tesoro dal tuo grambo e lo mette in salvo prima che sia troppo tardi.
e finalmente riesce a piangere, finalmente grida disperato che vuole lottare che la vita è dentro di lui, che ha bisogno di te. ma tu non sei lì. non puoi abbracciarlo. non puoi baciarlo e sussurrargli che andrà tutto bene, che ci sarai, che può stare tranquillo.
da quel momento fino al momento in cui sarà in grado di farcela con le sue forze, lui non è più tuo. non ti appartiene più, sangue del tuo sangue.
è affidato a una macchina, che segna i battiti del suo cuore , che ossigena i suoi polmoni, che lo nutre.
e tu sei lì impotente, immobile, a guardare la vita che scorre, a sperare di poterlo abbracciare, accarezzare, rassicurare nei suoi pianti notturni. sperare che possa stare al tuo seno e godere della tua vicinanza, del profumo e del sapore del tuo latte.
devi lottare amore mio. devi lottare per te, per me, per tuo padre, che si sta dimostrando la roccia alla quale aggrapparmi, ma che ha bisogno ora più che mai di te. lotta amore. lotta contro tutti. sei un leone. devi farlo. devi farcela.
giovedì 28 luglio 2011
Il profumo della felicità, happy family time e ricordi nella valigia
Eravamo piccole ai tempi della casa al mare.
Ogni estate era un rito, un'occasione per crescere insieme e gustare nuovamente il profumo della salsedine, del sole, dell'amicizia, della famiglia.
Si aspettava il mese di luglio, a volte la fine di giugno, per partire. I bagagli, pieni di vestiti, emozioni e ricordi da voler rivivere, avventure nuove da cercare, passeggiate non ancora fatte, sorrisi non ancora rivisti, braccia lontane che si avvicinano, occhi che si cercano, lacrime di gioia.
Le stanze si riempivano coi giorni: noi sorelle e nostra cugina, con papà e lo zio, il nonno e la zia, la mamma, e poi gli zii del nord.
E le voci festose riempivano gli spazi e le tavolate.
Era l'ora dei pasti, l'ora in cui la famiglia si riuniva, la più bella. Le donne di casa si sedevano, non più affaccendate dietro ai fornelli, noi bambine smettevamo di giocare, e gli uomini, beh gli uomini con gli occhi ebbri di gioia e di buon vino gustato in compagnia, prendevano posto mentre chiacchieravano.
Percorrendo i viali soleggiati, nelle ore che precedevano la siesta, si potevano ascoltare suoni piacevoli e festosi delle posate nei piatti, dei bambini che litigano, dei brindisi, delle risate insieme.
E i bicchieri di vino si riempivano e si svuotavano, e qualcuno stava lì per riempirli, aspettando di vedere colorare le guance del proprio vicino di posto.
Ancora risate, battute, bambini, posate, tovaglioli che volano via e tendoni che si gonfiano col vento.
Il vento in poppa, e tutte le vacanze davanti a noi. Ogni estate era un viaggio nel tempo passato e in quello futuro.
Ognuno aveva la sua stanza, ognuno il suo letto assegnato da tempi immemorabili, ognuno le proprie abitudini. Così capitava quello che qualcuno amasse chiacchierare nel letto, con l'aria fresca che percorreva i viali e arrivava alle finestre aperte, mentre qualcun altro russava, e il resto della famiglia cercava di dormire cullato dal concerto delle cicale in amore e dal rumore delle onde che giungeva delicato e costante.
Adesso la nostra casa al mare è deserta, disabitata, spettro di se stessa. La famiglia è cresciuta, qualcuno è già partito per il viaggio più lungo, qualcuno è tornato al nord e non trova più il tempo di tornare nel viale dello zio tom, ad aprire quelle finestre sul mare, a lasciarsi invadere dal profumo della salsedine e dei ricordi.
A Dieci, quindici anni di distanza da questi ricordi, mi è capitata l'occasione di rivivere quei momenti con una nuova famiglia, la mia famiglia acquisita, la famiglia di mio marito: grandi e piccoli ancora in attesa fervente di una giornata insieme al mare, in una bella casa, in un viale silenzioso.
Una tavolata come quelle della mia infanzia, coi bambini che giocavano sul prato e noi, adesso mamme, che cercavamo di convincerli a mangiare un boccone tra un salto e l'altro. Il buon vino e la buona cucina del nostro bel meridione allietavano le ore.
Di nuovo ho sentito il profumo della gioia misto a quello della salsedine, nei bambini che giocavano a rincorrersi ridendo di quel sorriso innocente che commuove e riempie la vita.
Ogni estate era un rito, un'occasione per crescere insieme e gustare nuovamente il profumo della salsedine, del sole, dell'amicizia, della famiglia.
Si aspettava il mese di luglio, a volte la fine di giugno, per partire. I bagagli, pieni di vestiti, emozioni e ricordi da voler rivivere, avventure nuove da cercare, passeggiate non ancora fatte, sorrisi non ancora rivisti, braccia lontane che si avvicinano, occhi che si cercano, lacrime di gioia.
Le stanze si riempivano coi giorni: noi sorelle e nostra cugina, con papà e lo zio, il nonno e la zia, la mamma, e poi gli zii del nord.
E le voci festose riempivano gli spazi e le tavolate.
Era l'ora dei pasti, l'ora in cui la famiglia si riuniva, la più bella. Le donne di casa si sedevano, non più affaccendate dietro ai fornelli, noi bambine smettevamo di giocare, e gli uomini, beh gli uomini con gli occhi ebbri di gioia e di buon vino gustato in compagnia, prendevano posto mentre chiacchieravano.
Percorrendo i viali soleggiati, nelle ore che precedevano la siesta, si potevano ascoltare suoni piacevoli e festosi delle posate nei piatti, dei bambini che litigano, dei brindisi, delle risate insieme.
E i bicchieri di vino si riempivano e si svuotavano, e qualcuno stava lì per riempirli, aspettando di vedere colorare le guance del proprio vicino di posto.
Ancora risate, battute, bambini, posate, tovaglioli che volano via e tendoni che si gonfiano col vento.
Il vento in poppa, e tutte le vacanze davanti a noi. Ogni estate era un viaggio nel tempo passato e in quello futuro.
Ognuno aveva la sua stanza, ognuno il suo letto assegnato da tempi immemorabili, ognuno le proprie abitudini. Così capitava quello che qualcuno amasse chiacchierare nel letto, con l'aria fresca che percorreva i viali e arrivava alle finestre aperte, mentre qualcun altro russava, e il resto della famiglia cercava di dormire cullato dal concerto delle cicale in amore e dal rumore delle onde che giungeva delicato e costante.
Adesso la nostra casa al mare è deserta, disabitata, spettro di se stessa. La famiglia è cresciuta, qualcuno è già partito per il viaggio più lungo, qualcuno è tornato al nord e non trova più il tempo di tornare nel viale dello zio tom, ad aprire quelle finestre sul mare, a lasciarsi invadere dal profumo della salsedine e dei ricordi.
A Dieci, quindici anni di distanza da questi ricordi, mi è capitata l'occasione di rivivere quei momenti con una nuova famiglia, la mia famiglia acquisita, la famiglia di mio marito: grandi e piccoli ancora in attesa fervente di una giornata insieme al mare, in una bella casa, in un viale silenzioso.
Una tavolata come quelle della mia infanzia, coi bambini che giocavano sul prato e noi, adesso mamme, che cercavamo di convincerli a mangiare un boccone tra un salto e l'altro. Il buon vino e la buona cucina del nostro bel meridione allietavano le ore.
Di nuovo ho sentito il profumo della gioia misto a quello della salsedine, nei bambini che giocavano a rincorrersi ridendo di quel sorriso innocente che commuove e riempie la vita.
venerdì 17 giugno 2011
fiori di zucchina e "cosi finger", tra fotografia e arte chez moi con Charlotte Sorensen e Angelo Farina
Il sorriso e la dolcezza di Charlotte sono contagiosi e ti avvolgono appena le stringi la mano. Potrebbe essere una bionda di ghiaccio come la maggior parte di noi concepisce le donne nordiche, invece fa il suo primo timido sorriso e sai che non è così. E inizi a intravedere una donna speciale in quegli occhi blu e in quel suo modo di agire così informale, così spontaneo e disarmante!
Cavoli, no, non sono mica innamorata di Charlotte!! no! Solo che ogni volta che la vedo è come se la conoscessi da sempre, è una di quelle persone che vorresti portare con te nel cammino della vita.
L'ho conosciuta all'allegro 2009, quel maggio sono arrivata alla Majeutica ( un'altra cosa bellissima che dovrò raccontare prima o poi) mano nella mano con la mia migliore amica e splendida compagna degli ultimi cinque anni: Gioia Sophie.
Con Gioia mi sento forte e sicura anche quando mi tremano le gambe, anche quando sono insicura o sono nervosa, quando tutto va storto, la guardo e mi sento la donna più forte del mondo. Però con lei devi sapere che non passi inosservato... Non puoi andare al concerto di jazz e mostra fotografica senza essere fotografata dalla celebrità della serata: La danese Charlotte Sorensen, alla sua Prima qui a Marcianise.
Wow! una fotografa danese a Marcianise! e chi se la perde!
Così mi ero ritrovata a parlare a lungo con la bella Charlotte, con il suo accento recalese misto a danese, mentre Gioia Sophie veniva coccolata e contesa da un nutrito gruppo dei miei amici majeutici.
Dopo circa un anno e mezzo di conoscenza ho chiesto a Charlotte di essere la fotografa del mio matrimonio, e di immortalare nel suo modo originale, discreto e affascinante i momenti che avrei condiviso con Angelo, Gioia Sophie e tutti gli altri.
Ci siamo viste poco da quel giorno ma ogni incontro e un bel momento e un mattoncino di amicizia nuovo e profumato.
Ieri sera Angelo e io l'abbiamo avuta a cena con noi ed è stata una gioia essere in sua compagnia, poter parlare di famiglia, di figli, ma anche della danimarca, così come di marcianise, di arte di fotografia, design e davvero davvero non la finivamo più, tanto che l'abbiamo lasciata andare via quasi alle due.
E per questa cena che mi emozionava e mi onorava ho voluto cucinare fiori e profumi del sud in modo un pò personale, in una versione Osbourne ( come direbbe mio marito :)
ed ecco il menu:
"cosi Finger" come li chiama Anna ( meglio conosciuti come finger food) per antipasto:
pesto di zucchine e basilico, con mozzarella e prosciutto cotto su straccetti di pasta briseé +
involtini di salame con rucola ricotta e basilico
fettuccine di semola di grano duro ai fiori di zucchina, zucchina, cotto, ricotta con spolverata di pecorino, foglie di basilico e dadini di mozzarella
parmigiana estiva con mozzarella basilico e pomodorini pachino
fiori di zucchina ripieni di cotto e ricotta
dessert profumato con pesche nettarine mousse di yoghurt e savoiardi al limoncello...
gnam... devo dire che è stata la prima cena che mi ha soddisfatto come cuoca e credo che i commensali fossero d'accordo con me :)
Charlotte ha portato un adorabile dolce danese di cui attendo la ricetta...
a presto!
mercoledì 15 giugno 2011
Roger Federer e Rafael Nadal
Nel luglio 2006 non so voi dove foste ma io ero a londra. In un pomeriggio assolato e caldo di quel luglio, mi trovavo a casa di amici londinesi e loro mi presentarono nientepopodimeno che Roger Federer e Rafael Nadal...
Naturalmente non ci stringemmo la mano dicendo "nice to meet u!" ma loro erano a wimbledon a sfidarsi e io a casa dei miei amici a guardare loro regalare a tutti brividi ed emozioni.
Quel giorno uno dei miei amici mi spiegò che erano i più forti del mondo e che era difficile scegliere per chi tifare: il caro svizzero era ormai campione affermato ed imbattuto, e lo spagnolo invece era fresco, grintoso, nuovo...insomma eravamo tutti col fiato sospeso ad aspettare che loro decidessero per noi chi sarebbe stato il più forte!
Beh oggi pomeriggio dopo tanto tempo mi è tornato alla mente quel pomeriggio, con le sue emozioni, con la sua indecisione, col battito del cuore che rallenta e non sai cosa vorresti che fosse.
Oggi sono andata a conoscere mio figlio. Quel piccolo esserino che da cinque mesi sgambetta nel mio utero, tranquillo e schivo come suo padre, talmente schivo da non volersi mostrare al signor ecografo e quindi anche alla sua mamma!
e pensate come mi sono sentita durante questi cinque mesi! una curiosa come me, indagatrice fino alla rottura di scatole che non riesce a sapere chi è che si porta dentro!
All'inizio ho sperato che fosse un maschietto: per lunghe generazioni nella famiglia di mia madre sono nate solo bimbe, tanto che ad un certo punto ci siamo tutte convinte che fossimo capaci di mettere al mondo solo esseri con lo specchio di venere in mano!
Ed io ne sono stata la dimostrazione: la mia prima bambina, la piccola che ha sconvolto la mia vita con tutta la sua forza e mi ha regalato la sua vita e la mia nuova vita, è una femmina!!!
E dire che avevo sperato fosse un maschietto, e poi quando ancora oggi la stringo e mi lascio trasportare dalla sua immensa dolcezza e gioia di vivere, mi chiedo come ho fatto a desiderare che fosse un maschio!
e oggi, oggi invece ha vinto rafael nadal, dopo i lunghi trionfi dello svizzero, dopo il regnare incontrastato delle donne, oggi nadal, la novità, la freschezza dell'ultimo arrivato, ha vinto ed io da madre non posso che gioire ancora, e riempirmi la testa dei pensieri dedicati alle persone che rendono bella e fiorita questa mia esistenza.
Naturalmente non ci stringemmo la mano dicendo "nice to meet u!" ma loro erano a wimbledon a sfidarsi e io a casa dei miei amici a guardare loro regalare a tutti brividi ed emozioni.
Quel giorno uno dei miei amici mi spiegò che erano i più forti del mondo e che era difficile scegliere per chi tifare: il caro svizzero era ormai campione affermato ed imbattuto, e lo spagnolo invece era fresco, grintoso, nuovo...insomma eravamo tutti col fiato sospeso ad aspettare che loro decidessero per noi chi sarebbe stato il più forte!
Beh oggi pomeriggio dopo tanto tempo mi è tornato alla mente quel pomeriggio, con le sue emozioni, con la sua indecisione, col battito del cuore che rallenta e non sai cosa vorresti che fosse.
Oggi sono andata a conoscere mio figlio. Quel piccolo esserino che da cinque mesi sgambetta nel mio utero, tranquillo e schivo come suo padre, talmente schivo da non volersi mostrare al signor ecografo e quindi anche alla sua mamma!
e pensate come mi sono sentita durante questi cinque mesi! una curiosa come me, indagatrice fino alla rottura di scatole che non riesce a sapere chi è che si porta dentro!
All'inizio ho sperato che fosse un maschietto: per lunghe generazioni nella famiglia di mia madre sono nate solo bimbe, tanto che ad un certo punto ci siamo tutte convinte che fossimo capaci di mettere al mondo solo esseri con lo specchio di venere in mano!
Ed io ne sono stata la dimostrazione: la mia prima bambina, la piccola che ha sconvolto la mia vita con tutta la sua forza e mi ha regalato la sua vita e la mia nuova vita, è una femmina!!!
E dire che avevo sperato fosse un maschietto, e poi quando ancora oggi la stringo e mi lascio trasportare dalla sua immensa dolcezza e gioia di vivere, mi chiedo come ho fatto a desiderare che fosse un maschio!
e oggi, oggi invece ha vinto rafael nadal, dopo i lunghi trionfi dello svizzero, dopo il regnare incontrastato delle donne, oggi nadal, la novità, la freschezza dell'ultimo arrivato, ha vinto ed io da madre non posso che gioire ancora, e riempirmi la testa dei pensieri dedicati alle persone che rendono bella e fiorita questa mia esistenza.
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